Il TFR: costo, debito, passività, investimento?

Il TFR, acronimo di Trattamento di Fine Rapporto, rappresenta una somma di denaro che il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente alla cessazione del rapporto di lavoro.

In altre parole, è un fondo che si accumula durante l’attività lavorativa di un dipendente e viene erogato a quest’ultimo alla conclusione del rapporto di lavoro per motivi vari.

Il TFR è un argomento spesso sottovalutato dalle attività imprenditoriali, che può essere invece analizzato secondo varie sfaccettature, sia come costo, debito, passività che investimento all’interno dell’evoluzione aziendale.

Il TFR matura ogni anno per mensilità e la sua maturazione dipende dalle varie voci di costo che definiscono la retribuzione del dipendente e in via generale tutte quelle voci che normalmente maturano nel mese; il budget di riferimento può quindi subire modifiche rispetto alle previsioni fatte.

Il trattamento di fine rapporto viene analizzato anche durante le fasi di passaggio generazionale o di cessione degli studi e/o aziende, perché assieme al fondo TFR (ovvero il totale delle somme maturate nei vari anni dal personale) permettono di capire la validità e la solidità dell’azienda stessa: più alto sarà il fondo, più la forza lavoro impiegata potrà vantare anni di esperienza e competenze.

In caso di cessazione è infatti bene ricordare che il codice civile tutela il dipendente, andando stabilire in via generale che il TFR -e le varie passività- passino direttamente dal cedente al cessionario e, di conseguenza, colui che cede si libera del suo debito e delle passività.

Ciò significa che tale cifra deve essere valutata attentamente in una fase di rilevazioni perché il TFR non rappresenta solo un costo, ma un investimento per le conoscenze tecniche che rappresenta indirettamente.